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Domande e risposte sull'autismo

Ida Basso - Romeo Lucioni

Cos'è l'autismo?

E' un disturbo dello sviluppo psico-mentale per il quale alcuni bambini (4-5/10.000) trovano difficoltà a capire ciò che succede attorno a loro, ma anche a decifrare le informazioni sensoriali. Questi disturbi impediscono corrette relazioni sociali, buona comunicazione e comportamenti adeguati.

Quale è l'incidenza dell'autismo?

Le cifre che vengono riportate a questo proposito variano da 4-5/10.000 sino a 20/10.000.

Un dato interessante, attualmente allo studio, è quello che riporta come l'incidenza tra la popolazione trattata con talidomide (lo psicofarmaco usato negli anni 60 dalle gestanti contro la nausea e che ha provocato numerose malformazioni) sia del 5 %, indice ben 30 volte maggiore rispetto a quello riscontrabile nelle persone che non hanno usato il farmaco.

A tutt'oggi però, non si è potuto dimostrare il fondamento biologico dell'autismo e va considerato anche il fatto che ben 4 su 5 soggetti con autismo sono maschi.

L'autismo è un disturbo distribuito in tutto il mondo con la stessa incidenza, senza distinzione di razza, nazionalità o classe sociale.

Cosa caratterizza l'autismo?

La gravità ed il livello dei disturbi autistici cambiano notevolmente secondo i soggetti colpiti, ma, in linea generale possiamo riconoscere:

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notevoli difficoltà nello sviluppo del linguaggio che si organizza lentamente, spesso manca del tutto e può presentare segni caratteristici come parole nuove (neologismi) o non legate ad un significato comune. Sovente gli autistici usano metafore e le piccole frasi sono pronunciate con voce monotona e flebile;

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incapacità di comprendere le relazioni sociali. L'autistico evita il contatto visivo diretto (non guarda negli occhi), ma osserva attentamente tutto ciò che succede intorno, guardando di sottecchi. Sembra che non abbia interesse per le persone o per gli oggetti con i quali viene in rapporto e neppure per le attività di gioco dei compagni o dei famigliari. C'è una incapacità apparente a registrare i sentimenti degli altri, ma, in realtà, il bambino vive in uno stato di continua tensione, ansia o angoscia;

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risposte sensoriali incoerenti: il bambino autistico a volte sembra sordo (e viene studiato come portatore di questo handicap), oppure risponde con crisi di angoscia a suoni anche familiari (aspirapolvere, ecc.); spesso un cane che abbaia provoca un vero e proprio terrore. Peraltro, talvolta, sembra che non avverta il dolore, il caldo o il freddo e stimoli fastidiosi risultano poco significativi;

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variabilità nelle risposte cognitive: il bimbo può presentare buone abilità conoscitive in alcuni campi o in funzioni specifiche (disegno, musica, calcolo aritmetico, memorizzazione di fatti o numeri) e, nello stesso tempo dimostrare un ritardo mentale, anche significativo, con risposte ai test dell'intelligenza. Per queste differenze l'autismo costituisce un quadro enigmatico e capace di trarre in inganno gli osservatori;

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spiccata riduzione degli interessi personali: l'autistico presenta attività spontanee molto limitate e pochissimi interessi sui quali la tenuta è, per altro, molto breve. L'iniziativa si restringe su movimenti ripetitivi e coatti, manierismi, ossessiva programmazione motoria nel ripetere un determinato percorso, vestirsi, disporre gli oggetti, la rottura della routine provoca reazioni angosciose.

Quali sono le cause dell'autismo?

L'eziopatogenesi di questo disturbo dello sviluppo psico-mentale è molto controversa dal momento che ci sono specialisti che credono si tratti di una malattia genetica, altri che sottolineano la presenza di malformazioni cerebrali (lobo limbico, corteccia frontale, tronco encefalico), altri ancora che mettono l'accento su alterazioni a livello di neurotrasmettitori (ultimamente: le endorfine). Ci sono poi ricercatori che preferiscono pensare ad un disturbo di origine psicologica derivato, soprattutto, da difficoltà emotive insorte nelle prime relazioni con la madre.

Una riflessione più globale tende a prendere in considerazione il fatto che l'autismo è un disordine che si struttura in periodi precoci nei quali si trovano in fase di "maturazione" sia il sistema biologico (cervello: per es. la corteccia frontale esaurisce il suo sviluppo neurobiologico tra il 18 ed il 24 esimo mese), sia i processi psico-mentali. Da questo deriva l'idea che l'autismo potrebbe essere un disturbo psico-neuro-biologico di tipo complesso, nel quale errori o ritardi di sviluppo biologico disturbato anche quello psico-mentale, così che le prime relazioni vengono ad essere alterate, provocando "cortocircuiti" o "circoli viziosi" che difficilmente possono essere superati senza l'intervento di una terapia che miri a riorganizzare i primi passaggi della formazione dell' IO.

L'autismo è una malattia genetica?

Non sono stati riscontrati segni che facciano presumere un'origine genetica dell'autismo, anche se lavori recenti evidenziano nei cromosomi 7,15, e 17 possibili foci responsabili di lievi alterazioni strutturali del tronco encefalico.

La madre è causa dell'autismo del proprio figlio?

Sicuramente no, ma va sottolineato che l'autismo è un problema estremamente complesso da affrontare, da qualsiasi parte venga osservato, ed è quindi necessaria una continua verifica dello specialista che guida la terapia e partecipa attivamente a supervisionare le attività riabilitative e quelle educative. 

Gli autistici non hanno sentimenti?

Bisogna tenere ben separati gli affetti dalle emozioni.

L'autistico dimostra una particolare reattività emotiva tanto che si parla di emotività libera e di incapacità a contenere le emozioni; un segno caratteristico è proprio quello che riguarda ansie, angosce, frustrazioni e terrore.

La carenza dell'autistico si evidenzia nella sfera affettiva (che riguarda il mondo dei valori) che evidenzia mancanza di reciprocità e di riconoscenza oltre a impossibilità a registrare e a tenere in conto le aspettative degli altri.

Che significato hanno i movimenti ripetitivi?

Queste modalità psicomotorie sono intese come attività di autostimolazione e/o autoerotiche. Senza poter dare ancora una conferma a questa interpretazione, possiamo anche vedere i movimenti ripetitivi alla stregua delle richieste di mantenere gli "oggetti" sempre in un determinato posto.

L'autistico è angosciato da ogni "modificazione" per cui dobbiamo pensare che la ripetizione equivale ad un mantenimento dell'oggetto e, quindi, risulta tranquillizzante perché lo rende capace di strutturare un certo grado di autocoscienza.

 Per curare l'autismo è sufficiente seguire una terapia?

L'esperienza fatta attraverso l'applicazione della E.I.T. (Terapia di Integrazione Emotivo-Affettiva), evidenzia che la terapia sola non è in grado di risolvere il problema, anche se risulta indispensabile per il recupero delle funzioni psichiche e per iniziare una riabilitazione.

Questo non si differenzia da quanto succede in una qualsiasi psicoterapia, ma anche per qualsiasi intervento psico-farmacologico: è sempre l'inserimento sociale e le possibilità di sopportare l'impatto delle relazioni interpersonali che qualificano il risultato.

La terapia porta a:

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risoluzione di quel sintomo che è denominato "emotività libera" e che si accompagna a crisi di angoscia e/o di vero terrore;

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controllo dei "comportamenti problema" tra i quali ricordiamo: urla, movimenti stereotipi e coatti, irrequietezza, aggressività;

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buona partecipazione alle attività di gruppo con i compagni che riescono ad avvicinarsi, a coinvolgere e ad accettare l'autistico, pur con le sue "stranezze";

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buon livello di comunicazione (anche quando quella verbale non sia del tutto ripristinata);

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coinvolgimento nelle iniziative che permette a questi bambini l'approccio ad attività di gioco, ma anche la presenza nelle funzioni religiose, nella vita sociale, o nelle attività che si svolgono in centri come l'Oratorio;

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miglior inserimento nella scuola, nella quale possono essere attuate iniziative educative, non solo individuali, ma anche di gruppo;

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valida programmazione di attività riabilitative come la Comunicazione Facilitata, l'Ippoterapia ed altre nelle quali i progressi risultano più rapidi, più evidenti e più duraturi;

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importante recupero delle possibilità relazionali così che i genitori (e, imprescindibilmente, anche il padre) possono iniziare a gestire attività nelle quali partecipano tutti i famigliari;

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iniziative che segnalano un miglioramento delle capacità a socializzare;

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ripresa progressiva delle possibilità di partecipare a gite, programmi turistici e di vacanza, campeggi, visite ai parenti, attività ludiche e di svago in centri specializzati e in centri per le vacanze estive.

Queste opportunità prospettano al bambino un'ampia gamma di attività sociali che veramente conducono al miglioramento, alla riabilitazione ed al possibile reinserimento globale.

L'autismo è trattabile?

La risposta è affermativa, ma non bisogna limitarsi a cercare risultati nell'ambito dell'istruzione e dell'educazione; ci si deve porre come obiettivo il recupero funzionale, l'adeguatezza comportamentale e l'integrazione sociale, che si ottengono con la terapia di integrazione.

Nell'autismo quando bisogna iniziare la terapia?

Quando un bambino dimostra alla madre le sue difficoltà relazionali (non guarda negli occhi, rimane molto tempo nello stesso posto, non é attratto dai giochi, non partecipa alle attività dei fratelli o degli amici, ritarda lo sviluppo del linguaggio, dimostra inadeguate risposte agli stimoli) deve essere visto da uno specialista per una diagnosi precoce e per un altrettanto rapido intervento terapeutico.

Questo servirà anche a confermare la diagnosi e ad identificare esattamente i meccanismi mentali che sottendono alle espressioni sintomatologiche.

Va sottolineato che il principale problema è quello del linguaggio ed una terapia precoce e puntuale permette di raggiungere i prerequisiti per iniziare l'intervento logopedico, per facilitare l'attività riabilitativa (vedi la comunicazione facilitata e l'ippoterapia) e l'inserimento scolastico.

Cosa bisogna fare per favorire l'inserimento scolastico?

Spetta alla terapia portare l'autistico ad acquisire i prerequisiti necessari ad un valido, produttivo ed efficace inserimento nella scuola dell'obbligo. I genitori devono partecipare attivamente a questo programma insieme al terapeuta ed ai docenti, portando nella discussione le difficoltà ed i successi, accettando le indicazioni ed assicurando il coinvolgimento di tutti i famigliari per attivare il programma di socializzazione che è il fondamento per una vera integrazione. 

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