Si intende per divezzamento quella fase dell'alimentazione del bambino in cui si passa da una alimentazione esclusivamente lattea, al seno o col biberon, ad una mista, con l'inserimento di altri alimenti, come frutta, biscotti, farine, vegetali, ecc.
Il divezzamento rappresenta nell'alimentazione del lattante un momento transitorio ma delicato, in cui il bambino si abitua gradualmente a cibi nuovi, diversi dal latte per sapore e consistenza, ed impara ad alimentarsi in modo diverso, con il cucchiaio. In sostanza con il divezzamento inizia un periodo che porterà il bambino a modificare radicalmente le sue abitudini alimentari e ad avvicinarsi lentamente alla dieta dell'adulto.
Il divezzamento non rappresenta solo una tappa fondamentale nell'evoluzione alimentare del lattante, ma anche un momento importante dello sviluppo fisico e sensoriale: una esperienza basilare e significativa, come lo star seduto, o l'apprendere a camminare.E' un momento in cui si acquisiscono nuove abitudini alimentari, sulle quali si imposteranno le successive, ed è quindi determinante per la salute "nutrizionale" dell'individuo. E' importante allora che in occasione dello svezzamento il bambino acquisisca abitudini alimentari corrette, a vantaggio della sua salute nell'immediato e nel futuro.
Occorre affrontare questa delicata fase dello sviluppo alimentare con gradualità e grande elasticità, nel rispetto delle caratteristiche personali del bambino e del suo ambiente di vita. Applicare regole nutrizionali senza tenere conto che esiste una individualità nell'alimentazione, dalla quale non si può prescindere, rischia di rendere questa fase piena di ostacoli, difficoltà, frustrazioni, per il bambino e per chi lo accudisce.
Le stesse conoscenze mediche che potrebbero essere imposte come inderogabili sono soggette ad una notevole componente di opinabilità e soprattutto di "storicità", come confermano i continui cambiamenti delle indicazioni nutrizionali, via via che migliorano le conoscenze scientifiche. Giusto quindi seguire le conoscenze più recenti, ma altrettanto giusto non affidarcisi in maniera ossessiva e rigida e soprattutto acritica. Si dovrebbero allora evitare indicazioni "esatte" per quanto riguarda le date, le grammature, le scelte dei cibi, anche se questo può scontentare chi si aspetta dall'esperto istruzioni precise a cui affidarsi: sarebbe però un errore delegare al pediatra la ricerca di come applicare al figlio le conoscenze scientifiche sull'alimentazione, proprio in un momento, quello del divezzamento, in cui si è chiamati ad un grande impegno comunicativo col bambino.
Oggi si consiglia di iniziare il divezzamento nel periodo compreso fra la fine del 4° e la fine del 6° mese di vita (comunque non prima della fine del quinto mese). Prima non solo è inutile somministrare al bambino alimenti diversi dal latte, ma può essere anche dannoso. Attendere l'epoca giusta per avviare il divezzamento non fa certo correre al bambino alcun rischio di carenza: sia il latte materno che gli appositi latti artificiali sostitutivi possono fornire da soli l'energia ed il fabbisogno nutritivo necessari al bambino per tutto il primo anno.
Un divezzamento attuato prima delle date consigliate fa correre fondamentalmente due rischi: quello di un sovrappeso, per eccesso di apporto calorico, e soprattutto quello di sviluppare intolleranze e allergie. Il latte materno infatti oltre a proteggere da certe infezioni, protegge anche nei confronti delle allergie, e questo è un grande vantaggio soprattutto per quei bambini familiarmente predisposti a questi disturbi (atopici).
Il lattante contrae allergie essenzialmente per la particolare "permeabilità" del suo intestino. Grosse proteine possono attraversare la barriera intestinale, sensibilizzando il bambino che poi diviene ad esse allergico.
Lo svezzamento precoce comporta un contatto anticipato con cibi diversi dal latte materno, quali la frutta, i cereali, l'uovo: la particolare permeabilità intestinale può facilitare lo sviluppo di allergie e intolleranze per queste sostanze. La "chiusura intestinale", cioè la drastica riduzione di assorbimento di macromolecole (possibili antigeni allergizzanti) sembra avvenire fra il terzo ed il quarto mese di vita. E' proprio questo uno dei motivi che fa consigliare di non iniziare a divezzare prima della fine del quarto mese; è bene poi rinviare a fasi successive del divezzamento l'inserimento di certi alimenti di cui si conosce l'alto potere allergizzante (come il pesce, il torlo d'uovo, e in particolare il bianco dell'uovo, da rinviare all'anno).
Il latte vaccino "di latteria" è certamente una delle sostanze più allergizzanti per il bambino piccolo: si consiglia di rinviarne l'inserimento nella dieta verso la fine del primo anno. Dal momento che i latti artificiali non sono altro che derivati industriali del latte vaccino, va sempre considerata con molta attenzione l'opportunità di integrare o sostituire il latte materno, nei primi mesi di vita, con latte artificiale: deve essere sempre una scelta necessaria, inevitabile.
Il concetto ritenuto oggi più valido è quello di operare un divezzamento complementare e non supplementare-sostitutivo. In altre parole il latte materno rimane alimento fondamentale anche durante il divezzamento ed i cibi solidi rappresentano una sua integrazione e non una sostituzione. Durante lo svezzamento i cibi solidi integrativi introdotti non dovrebbero arrivare a rappresentare più del 50% del fabbisogno calorico. Il latte (sia quello al seno che quello artificiale adattato) dovrebbe continuare ad essere assunto ogni giorno a dosi intorno al mezzo litro.
Il seno materno produce latte qualitativamente valido molto a lungo, non ci si deve quindi preoccupare che dopo i sei mesi dal seno esca latte inadeguato, "divenuto acqua" come si usa erroneamente dire. E' però vero che il bambino avvicinandosi al compimento dell'anno sviluppa modalità di alimentazione e bisogni di autonomia e sperimentazione che possono trovare ostacolo nel prolungamento dell'allattamento al seno. E' probabile che in epoche storiche passate, caratterizzate da ritmi di organizzazione sociale ben diversi, prolungare l'abitudine alla poppa ben oltre l'anno di vita, assumesse significati positivi e protettivi comunque. Nel tipo di vita sociale di oggi si avverte il rischio che questo prolungamento della poppa possa contribuire ad intralciare la crescita in autonomia del bambino e il necessario evolversi del ruolo di genitori.
Alcuni criteri per il divezzamento
Le tappe del divezzamento sono spesso diverse da un bambino all'altro e diverse le strade percorribili. Le possibilità di scelta del Gli alimenti sono tanti: cibi di diverso odore e sapore o preparati diversamente sono in grado di fornire gli stessi principi nutritivi. L'inserimento di alimenti diversi deve essere graduale, sia nella quantità che nella variabilità. Verso i sei-otto mesi il bambino comincia ad avere un discreto controllo delle proprie mani: mentre mangia è attratto dal cibo e il Sono esperienze da favorire e non ostacolare per paura che si sporchi o sciupi del cibo perché aiutano il bambino ad assumere un ruolo sempre più attivo ed autonomo. |
Se si inizia il divezzamento nei tempi consigliati, si può dire che in linea di massima è indifferente l'ordine con cui si decide di avviare il bambino all'assaggio ed al consumo dei vari alimenti, col solo accorgimento di ritardare l'inserimento dei cibi più allergizzanti. Molte delle indicazioni che in genere si danno sono legate più ad abitudini e costumi alimentari che non a precisi concetti dietetici/nutrizionali. Lo conferma in maniera indiretta il fatto che in Italia, da regione a regione, si riscontrano diversificazioni nella scelta dei primi pasti non lattei: in certe aree si parte dai brodi vegetali, in altre con le pappe lattee (farinate), in altre ancora con piatti più elaborati.
E' essenziale tenere conto dei gusti e delle scelte manifestate dal bambino, che non necessariamente dovrà sottostare alla sequenza dettata dal pediatra per l'inserimento dei vari cibi. Vi potranno essere alimenti inizialmente non graditi, sia per il sapore che per la consistenza, ed appare del tutto logico quindi che la proposta di assaggio venga rinviata in attesa di un ripensamento dei gusti.
E' bene ricordare ancora che il divezzamento inizialmente deve servire ad integrare (e non a sostituire) il latte e, via via che procede, ad avviare un'alimentazione completa ed equilibrata fra i vari nutrienti, oltre che adeguata da un punto di vista energetico: tutte cose che dopo l'anno di vita il latte da solo non potrebbe più garantire.
Per quanto riguarda il numero dei pasti va tenuto presente che gli studi condotti fino ad oggi hanno mostrato che a qualunque età il frazionamento della dieta in pasti frequenti è preferibile al consumo della stessa quantità di cibo in un numero minore di pasti più abbondanti. In genere il bambino giunge all'epoca dei primi cibi solidi con un ritmo di quattro-cinque pasti al giorno, mantenendo questa frequenza anche durante la prima fase dello svezzamento. Dopo l'anno si è soliti alimentare il bambino con gli stessi ritmi dell'adulto: colazione, pranzo, merenda, cena.
Come prime pappe per avviare il divezzamento, per tutto il sesto mese di vita, si possono usare le farine di cereali preparate in latte ("farinate"). I cereali più comunemente usati nell'alimentazione del bambino sono il riso, il grano, il mais, l'avena, la segale. I chicchi dei cereali vengono sottoposti ad alcuni procedimenti industriali come la macinazione (molitura), la stacciatura (abburattamento), la tostatura, ecc. e se ne ricava così una serie di alimenti tipici del divezzamento: farinate, semolini, fiocchi, biscotti, pastine (dal grano, a seconda del tipo e la tecnica di macinazione, si ottengono circa una ventina di prodotti).
Attualmente è raro che si faccia ricorso alla preparazione casalinga delle farinate: prevalentemente si usano le farinate "già pronte" in commercio (precotte o che richiedono alcuni minuti di cottura). E' bene ricordare che inserire le farinate (casalinghe o del commercio) significa comunque inserire il latte di mucca (per quanto adattato), il cui uso invece sarebbe preferibilmente da rinviare, come già detto, a dopo l'anno di vita.
Alcune di queste farinate vengono addizionate con vitamine, ferro e altri sali minerali. Il loro sapore può essere industrialmente corretto dall'aggiunta di frutta. Si preparano aggiungendo solamente acqua calda, essendo costituite da una o più tipi di farine già abbinate a latte in polvere.
La pappa vegetale
Si prepara un brodo vegetale utilizzando verdure fresche di stagione. Si sente spesso consigliare di evitarne alcune, come la cipolla, ma in realtà non esistono motivazioni di tipo nutrizionale. Il problema potrebbe essere quello di un eventuale sapore non gradito al bambino, ma è chiaro che si tratta di una valutazione presuntiva e molto basata su luoghi comuni, In altri termini non è affatto detto che il bambino non debba gradire certi aromi più intensi derivanti da alcune verdure. Il brodo si ottiene facendo bollire per circa un'ora, a fuoco lento, le verdure, dopo averle ben lavate, tagliate a pezzi e messe in acqua non salata. Una cottura fatta alla massima temperatura e nel minor tempo possibile (ad esempio nella pentola a pressione) è secondo alcuni preferibile perché ritenuta la più adatta per conservare parte delle vitamine termolabili. Il brodo che ne deriva ha un apporto calorico praticamente trascurabile ed è ricco di sali (in particolare potassio) e di oligoelementi che fuoriescono dalla verdura a seguito della cottura. Vi si aggiunge poi una parte delle verdure passate (un paio di cucchiai circa, corrispondenti a 30-40g) contribuendo così all'apporto ulteriore di vitamine, calcio, fibre e, in una modesta quota, di proteine, e soprattutto carboidrati. L'apporto calorico viene incrementato aggiungendo al brodo con verdure passate l'olio (due cucchiaini di olio di oliva extravergine, oppure, per incrementare l'apporto di polinsaturi, un cucchiaino di extravergine e uno di olio di semi di girasole, per un totale di circa 6 g) e parmigiano reggiano grattugiato (due cucchiaini, circa 10g). A questa minestra infine si aggiunge una quota di cereali (30-40g): si possono usare farine di riso, mais, grano, avena, segale o cereali misti; in genere si abitua il bambino con gradualità alla consistenza, passando in progressione dai semolini ai fiocchi e infine alle pastine. |
Il divezzamento è spesso avviato partendo da pappe vegetali, oppure queste possono rappresentare la fase successiva all'introduzione delle prime farine lattee (dalla fine del sesto mese). In genere si preferisce iniziare proprio con i brodi vegetali, sia per non abituare il bambino a sapori troppo dolci che per non dover inserire latte di mucca (presente, anche se adattato, nelle farinate).
In commercio ormai da molto tempo si trovano paste arricchite di glutine (pastine glutinate), di uovo, ortaggi, ecc. e preparazioni precotte che possono dimostrarsi utili in particolari condizioni (ambientali o di tempo disponibile) riducendo il lavoro di preparazione della pappa. Se si rispettano adeguati tempi di divezzamento e si tiene conto delle esigenze nutrizionali del bambino al variare dell'età, la necessità di ricorrere a pastine particolari ("da bambini") è giustificata solo dal fatto di dover tenere conto, a volte, di una certa gradualità nell'abituare il bambino stesso alla granulosità del cibo, e non da specifiche esigenze nutrizionali.
Dopo la pappa vegetale si somministra frutta fresca.
Col progredire del divezzamento si integra l'apporto calorico e si variano le fonti dei vari nutrienti (grassi, proteine, carboidrati) inserendo legumi, carni (agnello, coniglio, pollo e tacchino), pesce (magro), uovo (un tuorlo alla settimana), ecc.
Anche le tecniche di elaborazione del cibo variano e si comincia ad abituare il bambino ad assaggiare i vari alimenti separatamente, fino a raggiungere verso l'anno un modello di organizzazione del pasto del tutto sovrapponibile a quello dell'adulto, sia nella forma (primo, secondo, contorni, frutta, ecc.) che nella sostanza (cioè tipo di alimenti e loro elaborazione in cucina).
Concetto da avere sempre presente nell'elaborazione di un menù è che nessun alimento può considerarsi "completo" o "perfetto", cioè contenente tutte le sostanze necessarie a soddisfare le nostre esigenze nutritive. Occorre allora variare più possibile le scelte alimentari. La diversificazione delle scelte oltre che servire a soddisfare il piacere della tavola attenua per altro anche il rischio di squilibri metabolici e riduce la possibilità di inserire in dosi significative sostanze estranee eventualmente presenti negli alimenti.
Gli omogeneizzati (sia di carne, che di ortaggi, che di frutta) sono prodotti alimentari pronti per l'uso, confezionati in forma sterile ed in recipienti ermeticamente chiusi, partendo da nutrienti opportunamente controllati, sottoposti ad un processo di omogeneizzazione atto a renderli di facile ingestione e digestione.
Le tecniche di omogeneizzazione degli alimenti furono introdotte per la prima volta negli Stati Uniti negli anni '30. Nati come prodotti dietetici particolari, indicati in alcune patologie digestive, hanno finito con gli anni per divenire di uso abituale nell'alimentazione del bambino, tanto che soprattutto dagli anni '60 hanno rappresentato il prodotto base per il divezzamento. I prodotti omogeneizzati sono stati una delle cause dell'inopportuna anticipazione dell'età del divezzamento: la massiccia propaganda con la quale sono stati lanciati sul mercato ha fatto si che si fosse giunti a divezzare i bambini già al secondo-terzo mese di vita. Oggi il loro consumo è diminuito, ma ancora molto presenti sono gli erronei concetti che hanno introdotto nel campo dell'alimentazione infantile.
Il procedimento tecnologico usato per la preparazione di questi prodotti ha lo scopo di ridurre la materia prima in particelle micronizzate, senza che si abbia perdita dei nutrienti. Questa frammentazione aumenta la superficie esposta agli enzimi ed ai succhi digestivi e quindi aumenta la digeribilità. E' proprio la maggiore digeribilità, che si ottiene frantumando finemente l'alimento, che ha portato a somministrare al bambino cibi in età in cui normalmente non avrebbe potuto facilmente digerirli. Ma è proprio questo l'errore: per anticipare l'introduzione di un alimento se ne fa una sorta di pre-digestione industriale. Molto più logico e rispettoso dei tempi maturativi del bambino somministrargli questo alimento quando le sue strutture saranno pronte per digerirlo, senza l'aiuto di "digestioni meccaniche".
L'uso di questi preparati rimane invece utile occasionalmente, quando la preparazione del cibo per il bambino debba avvenire in ambienti disagiati o comunque quando il tempo (o la voglia) a disposizione per cucinare viene a mancare. In quest'ottica quindi è evidente che non si tratta di "prodotti per bambini" ma di "prodotti per adulti che hanno bambini e non hanno il tempo o il modo di cucinargli il cibo".
Quanto detto fino ad ora vale anche per i liofilizzati che si differenziano dagli omogeneizzati solo sul piano "strutturale": la prima fase del procedimento tecnologico per l'elaborazione del liofilizzato è sovrapponibile a quella che si usa per omogeneizzare; la tappa successiva consiste nella disidratazione.