Che cos'è la Dislessia Evolutiva? |
La Dislessia Evolutiva è una difficoltà selettiva nella lettura, in presenza di:
in assenza di:
Nella D.E. le difficoltà del bambino interferiscono nella vita quotidiana e nel proseguimento degli studi, e persistono nonostante un’istruzione scolastica normale. Spesso le difficoltà di lettura si associano a
anche se non necessariamente con la stessa intensità, perché‚ queste tre abilità (lettura, scrittura e aritmetica) presentano delle basi comuni. A volte, nella storia di bambini con D.E. troviamo, in età prescolare, Ritardo o Disturbo Specifico di Linguaggio: infatti, il bambino, può avere anche risolto, nel linguaggio parlato, le difficoltà, ma si trova poi a doverle riaffrontare, ad un livello più alto, quando inizia a leggere e a scrivere. Dalla definizione di D.E. sono esclusi tutti quei bambini che hanno un disturbo di apprendimento come effetto secondario di una causa principale (scarsa stimolazione socio-culturale, problemi neurologici, sensoriali della vista e/o dell'udito, ritardo di sviluppo, difficoltà cognitive).Il disturbo di apprendimento di questi ultimi è, infatti, meno selettivo e più globale, riguarda le abilità cognitive in misura più generale e viene chiamato Disturbo Aspecifico di Apprendimento. |
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Quanto è frequente? |
La D.E. in Italia colpisce circa il 4% dei bambini in età scolare. |
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Come si manifesta? |
Le difficoltà del bambino possono essere notate quando il bambino inizia a leggere e scrivere: nei casi più severi in prima elementare, o, a volte, fino dall'ultimo anno di scuola materna (se si svolgono gli esercizi di pre-lettura e pre-scrittura). Nei casi più lievi, tuttavia, è dalla terza elementare che si notano, quando la lettura e la scrittura dovrebbero diventare automatiche e non lo sono. È possibile riconoscere dei possibili segni quando il bambino
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Quali difficoltà di lettura sono presenti nella D.E.? |
Nella D.E. ciò che è disturbato della lettura è la "decifrazione", cioè la rapidità e la correttezza con cui si legge. La rapidità di lettura viene più comunemente valutata con un parametro statistico: nella D.E. essa è significativamente inferiore (2 o più “deviazioni standard”)a quella media dei soggetti della stessa età e livello di scolarizzazione. Riguardo la correttezza di lettura ci sono degli errori "tipici":
Questo accade perché nella D.E. possono essere disturbate una o entrambi le strategie con le quali possiamo leggere:
Quest’ultima strategia si usa, nella lingua italiana, quando si impara a leggere, o si legge una lingua straniera, o si legge senza capire.Generalmente i bambini di lingua italiana già alla fine della prima elementare iniziano ad adottare una strategia lessicale di lettura.La comprensione del testo nella D.E. è variabile, può anche essere buona o sufficiente, dipende molto dalla qualità della decifrazione.Ci sono persone con D.E. che riescono a comprendere bene ciò che leggono, perché con le loro capacità cognitive riescono a compensare le difficoltà che hanno nella decifrazionedel testo . Se, però, la lettura avviene molto lentamente e con molti errori, quindi richiede troppe risorse attentive, la comprensione del testo può esserne ostacolata. |
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Quali sono le cause del disturbo? |
Sulle cause della D.E. si è molto discusso in questi ultimi anni: inizialmente sono state fatte ipotesi di deficit percettivo-sensoriali, per lungo tempo poi si è pensato che le origini potessero essere di natura psico-affettiva (approccio sbagliato di genitori o insegnanti, problemi emotivi o relazionali, o di struttura della personalità del bambino). Le ricerche più recenti sull'argomento confermano l'ipotesi di un'origine costituzionale della D.E.: una base genetica e biologica dà la predisposizione al disturbo, anche se ancora non ne sono stati precisati i meccanismi esatti. Su di essa contribuisce in modo significativo l'ambiente (inteso anche come ambiente socio-culturale dei genitori), nell'amplificare o contenere il disturbo. A favore di questa ipotesi ci sono diverse evidenze:
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C’è una relazione tra la difficoltà di attenzione e D.E.? |
A volte può coesistere la presenza di difficoltà attentive e di D.E. Di solito i bambini dislessici hanno difficoltà a mantenere a lungo l'attenzione a scuola, anzi spesso sono proprio queste difficoltà attentive che vengono rilevate dagli insegnanti. Bisogna distinguere, nella clinica, se esse sono primarie o se sono secondarie alle difficoltà di apprendimento: in questi casi, cioè, il bambino può raggiungere una soglia massima di affaticamento proprio per sovraccarico di risorse attentive e quindi si sottrae all'impegno per lui insostenibile. |
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Quale disagio psicologico presenta il bambino con D.E.? |
Il bambino con D.E. ha sempre un disagio psicologico conseguente al vissuto delle proprie difficoltà di apprendimento. Egli, infatti, è il primo a percepire la propria difficoltà, vivendola; però generalmente non sa darsi spiegazioni e tutto ciò ha ripercussioni negative sulla sua autostima e in genere sulla formazione della sua personalità. Questo disagio può tradursi in disturbi di comportamento (fa il buffone o disturba in classe), rifiuto della scuola, inibizione, chiusura in se stesso, atteggiamenti di disinteresse da tutto ciò che può richiedere impegno, depressione o altri tratti psicopatologici. Ancora oggi, in un bambino con D.E., spesso vengono notate proprio le difficoltà psicologiche, prima delle sue difficoltà di apprendimento. È molto importante che l'ambiente in cui un bambino con D.E. vive (la famiglia, la scuola) non neghi o fraintenda la sua difficoltà, ma lo aiuti ad affrontare la realtà: i bambini devono sentirsi capiti ed aiutati, concretamente, a casa e a scuola. |
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Come fare la diagnosi?
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La diagnosi della D.E. (e di un Disturbo di Apprendimento in senso lato), deve essere sia neuropsicologica che globale. La difficoltà del bambino deve essere cioè analizzata nelle sue componenti per capire le aree di difficoltà, e, soprattutto, le strategie che usa, quelle che non usa e quelle che potrebbe usare. La diagnosi neuropsicologica deve riguardare quindi tutte le aree di "funzionamento" del bambino:
e deve essere effettuata con tests standardizzati. A questo proposito l'Associazione Italiana Dislessia (A.I.D.) ha messo a punto un protocollo diagnostico di base per la valutazione dei Disturbi di Apprendimento della Lettura, Scrittura, Calcolo. È inoltre importante considerare, da un punto di vista psicologico più generale, la personalità del bambino e come egli vive la sua difficoltà. È quindi essenziale un collegamento tra lo psicologo e il neuropsichiatra che fanno la diagnosi, il terapista e gli insegnanti. È opportuno che si costituisca una rete intorno al bambino e che ci sia un approccio omogeneo: da questo dipende in gran parte l'esito favorevole degli interventi. |
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Cosa fare in presenza di una Dislessia Evolutiva?
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In presenza di una D.E. (soprattutto se il bambino è nel primo ciclo di scuola elementare) si consiglia una terapia di linguaggio o una terapia neuropsicologica. È molto importante la precocità dell'intervento: quanto più esso è precoce, tanto più si può intervenire sulla difficoltà del bambino, cercando, sia di ridurla, sia di stimolare strategie cognitive per "aggirare l'ostacolo", prevenendone anche le pesanti conseguenze sul piano psicologico. È altrettanto importante che l'ambiente familiare e scolastico vada incontro alle difficoltà del bambino che non si possono modificare, aiutandolo nella ricerca delle strategie di compenso e nella costruzione di un'immagine di sé non fallimentare. È poi indispensabile un adattamento della didattica alle difficoltà di apprendimento del bambino, con l’adozione di strategie compensative o dispensative del compito (lettura silenziosa, uso di un lettore, libri “parlanti”, uso del registratore, uso del computer per la scrittura, ecc…). Secondo un neurologo inglese, Critchley, il futuro di un bambino con D.E., è tanto migliore:
Sono elementi sfavorenti, invece:
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