Quando l'allattamento al seno non è possibile o non è desiderato, il bambino deve essere nutrito con appositi latti, detti "latti artificiali", ottenuti modificando sia quantitativamente che qualitativamente il latte vaccino per renderlo quanto più simile possibile al latte di donna.
Spesso l'allattamento artificiale è di tipo "misto": l'alimentazione del bambino comprende cioè sia il latte materno che quello adattato.
Quando una dose di latte artificiale integra la poppata al seno si parla di allattamento misto "complementare". Questo modo di allattare ha il vantaggio di garantire la stimolazione del seno a tutte le poppate: spesso questo facilita il ripristino di una adeguata secrezione lattea e può quindi ricondurre ad un allattamento esclusivo al seno. E' invece un allattamento "alternato" quello in cui si intercalano i pasti col biberon ai pasti al seno. Questa tecnica consente di calcolare la dose di latte da somministrare col biberon con più semplicità, senza dover ricorrere alla pesata del bambino (operazione per altro poco precisa ed indicativa) per valutare quanto latte ha assunto ogni volta dal seno materno
A differenza di quanto accade nell'allattamento al seno, l'intervallo digestivo si fa più regolare e prevedibile: almeno due ore e mezzo - tre fra una poppata e l'altra.
Il principio dell'autoregolazione va sempre tenuto presente, anche per il bambino nutrito artificialmente. Tuttavia nell'allattamento artificiale è utile, per orientarsi, che i genitori conoscano i quantitativi "teorici" di latte da offrire ad ogni poppata: una dose che non necessariamente il bambino dovrà comunque assumere per intero.
In media un lattante necessita di circa 100 calorie al giorno per ogni chilo di peso corporeo e sappiamo che per fornire queste calorie occorrono circa 160 grammi di latte. Per avere allora un'indicazione di quanto latte preparare nel biberon per la poppata sarà sufficiente fare questo semplice calcolo:
peso del bambino (espresso in Kg) moltiplicato per 160, diviso il numero delle poppate giornaliere; ne ricaveremo la dose della poppata (la dose che se ne ricava indica la quantità di acqua cui va aggiunta la relativa polvere: ovviamente il volume finale ottenuto sarà superiore alla dose calcolata).
Es. Bambino di peso Kg 4,5
Dose giornaliera pari a 4,5 x 160 = gr. 720
Dose per ciascuno dei 6 pasti:720/6 = gr.120 di acqua da utilizzare a ciascuna poppata
Mentre il lattante nutrito al seno sfugge al controllo rigido dei quantitativi di latte assunti con le poppate, il bambino nutrito artificialmente col biberon subisce spesso pressioni perché esaurisca tutto il quantitativo di latte preparato: è un errore di chi lo alimenta, che gli fa correre seriamente il rischio di essere nutrito in eccesso e di incorrere quindi in un dannoso sovrapeso o al contrario in un conseguente ostinato rifiuto del cibo (anoressia).
I latti artificiali vengono anche detti "latti in polvere" perché è sotto questa forma che inizialmente e per lungo tempo sono stati posti in vendita, venendo poi "ricostituiti" con l'aggiunta di acqua. Oggi però si trovano in commercio anche già in forma liquida e il loro impiego si sta diffondendo. Questi latti in forma liquida (una volta riservati solo all'uso ospedaliero) sono già pronti all'uso (è sufficiente scaldarli) ed hanno una composizione più stabile; hanno però lo svantaggio di una conservazione più limitata e alcune alterazioni qualitative, anche se forse trascurabili, legate alla sterilizzazione. La formulazione di uso domiciliare attualmente più diffusa in Italia e nel resto dell'Europa rimane per ora quella in polvere.
Vi sono vari tipi di latti artificiali in commercio. I principali sono:
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Latti adattati (numeri uno): i più usati. La loro composizione è quella più vicina possibile a quella del latte materno, sia sul piano qualitativo che quantitativo. Gli zuccheri che contengono sono costituiti in massima parte da lattosio (come nel latte materno) e la parte restante è rappresentata da glucosio e/o maltodestrine. Questo tipo di latti viene considerato l'alimento sostitutivo del latte materno di prima scelta. Essi rappresentano quindi, in situazioni di normalità, l'alternativa più valida per i primi mesi di allattamento. |
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Latti di proseguimento (numeri due): dal 5-6 mese di vita sostituiscono i latti adattati. Più ricchi in minerali, vitamine, zuccheri e acidi grassi essenziali, rispondono alle mutate esigenze nutrizionali del bambino che ha ormai maturato la digestione, l'assorbimento intestinale, la funzionalità renale. |
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Latti di soia: si usano nei casi di intolleranza al latte vaccino. Sono formule la cui quota proteica è rappresentata esclusivamente da proteine della soia. Sono assenti lattosio e saccarosio. I grassi sono costituiti da una miscela di oli vegetali. |
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Latti H.A. (Hypo Allergenic): le proteine di origine bovina vengono sottoposte ad una più o meno completa frammentazione (idrolisi ad aminoacidi e peptoni); dovrebbero così perdere gran parte della loro capacità di determinare intolleranze. Questi latti si usano nei bambini a rischio familiare allergico, ma allo stato attuale delle conoscenze non sembrano aver confermato questo potere preventivo. |
Per affrontare situazioni alimentari particolari sono poi disponibili molti altri tipi di latti, detti "speciali", come i parzialmente adattati, gli acidificati, gli antireflusso, gli idrolisati proteici spinti, quelli a ridotto contenuto di lattosio, e altri ancora.
Gli "adattamenti" operati dall'industria per trasformare il latte vaccino di partenza sono sostanzialmente:
il latte vaccino viene diluito (con siero di latte demineralizzato) così che la concentrazione proteica viene ridotta (nel latte vaccino è troppo elevata, e per il neonato comporterebbe un eccessivo lavoro del rene). Così facendo si abbassa anche il contenuto di caseina rendendo l'equilibrio fra i vari aminoacidi più simile a quello materno. Anche se ridotta di quantità però, la caseina del latte vaccino è comunque diversa da quella del latte umano. Per quanto diluito, nel latte adattato rimane presente una proteina (la betalattoglobulina) che sappiamo essere responsabile della gran parte dei fenomeni allergici che possono insorgere. Alcune sieroproteine presenti nel latte di donna, non nutritive ma molto importanti per funzioni protettive (lattoferrina, lisozima, immunoglobuline) in quello di mucca rimangono comunque assenti, anche dopo l'adattamento.
una parte di grasso viene sostituita con oli vegetali. Dal punto di vista quantitativo i grassi contenuti nel latte vaccino e nel latte materno si equivalgono. Molto differenti sono invece sul piano dei rapporti fra le varie componenti, acidi grassi saturi, insaturi ecc. L'aggiunta di una miscela di oli vegetali ricchi di acidi grassi polinsaturi corregge in parte queste differenze;
serve a portare il latte adattato a una distribuzione calorica percentuale più vicina a quella dei latte materno. Si aggiunge in prevalenza lattosio perché il latte vaccino ne contiene quasi la metà rispetto al latte materno;
nel latte di mucca calcio, fosforo e altri minerali sono presenti in quantità abbondanti: la diluizione che si opera per abbassare il contenuto di caseina ottiene anche l'effetto di ridurre la quota di questi minerali. Il contenuto di ferro è basso, sia nel latte umano che in quello vaccino ma in questo ultimo la quota assorbibile è minore. Solo alcuni latti adattati sono supplementati con ferro (c'è il rischio che il ferro libero favorisca lo sviluppo di infezioni intestinali).
A queste modificazioni più importanti seguono altri adattamenti sul piano dei sali, delle vitamine ecc. avvicinando ulteriormente la formula a quella del latte materno (oggi si tengono in considerazione nuove aggiunte, come quella della carnetina e della taurina).
Un apposito comitato di esperti, l'ESPGAN (Società Europea di Gastroenterologia Pediatrica e Nutrizionale) dà indicazioni per la formulazione corretta dei latti artificiali, costantemente aggiornate.
Anche se questi adattamenti sono ottenuti ricorrendo a tecnologie molto sofisticate, "l'umanizzazione" che si ottiene del latte di mucca In definitiva va sempre intesa in termini approssimativi. Nel latte di donna esiste una gamma di sostanze minori il cui ruolo è scarsamente noto e probabilmente di alcune non se ne conosce neppure la presenza. Comunque già con i latti attuali si sono raggiunti importanti risultati, garantendo al bambino che non può usufruire del latte materno una crescita adeguata nel rispetto dei principali indici metabolici.
I latti in polvere vanno "ricostituiti" in acqua, al 13 % (vale a dire che in ogni 100 ml di acqua vanno disciolti 13 grammi di polvere). Nelle confezioni si trova un apposito misurino (contenente 4,5 grammi) che va riempito, senza esercitare pressioni sulla polvere, da livellare al bordo. Si mette un misurino di polvere ogni 30 ml di acqua nel poppatoio. Nella preparazione del latte è tollerato un certo margine di variabilità, in quanto è difficile dosare matematicamente la concentrazione; i piccoli sbagli che si possono fare non hanno alcuna effetto: importante è non allontanarsi visibilmente dalle dosi di polvere indicate per evitare al bambino un apporto nutritivo inadeguato. Si chiude il poppatoio e si agita finché la polvere non è ben disciolta, poi si intiepidisce, scaldando a "bagnomaria" o con l'apposito scalda - biberon (decisamente sconsigliato invece l'uso del forno a microonde, dato l'alto rischio di ustionare il bambino: il biberon potrebbe sembra solo tiepido all'esterno pur contenendo all'interno un latte a temperatura elevata).
Tutte le acque potabili contengono disciolti dei sali minerali: se la quantità di sali è alta si parla di acque "dure", se minore si definiscono "molli" o oligominerali. Esistono poi forme intermedie dette "mediominerali" (vedi anche la pagina delle acque minerali).
Attenzione alle bottiglie! Spesso in casa vengono utilizzati i vuoti dell'acqua minerale per conservare altre sostanze (soluzioni di acido borico, steridrolo, liquidi per lo sviluppo fotografico, ecc.), alcune delle quali sono incolori ed inodori: c'è rischio di scambiarle con acqua e usarle per diluire il latte (è un incidente che, per quanto possa sembrare impossibile, si è già verificato troppe volte!). Ricordarsi di sostituire sempre l'etichetta originale e di segnalare chiaramente il nuovo contenuto della bottiglia, che comunque va conservata fuori della portata dei bambini e mai fra alimenti e bevande. |
Le acque dure sono vendute soltanto in bottiglia: se fossero distribuite con l'acquedotto, per la grossa quantità di sali di calcio che contengono, provocherebbero troppe incrostazioni alle condutture e agli apparecchi domestici. La maggior parte di queste acque dure sono usate per scopi terapeutici; alcune vengono anche usate come acque da tavola. Dall'acquedotto escono acque molli (oligominerali) o mediominerali (e queste tendono a lasciare qualche deposito e incrostazione). Per la preparazione del latte artificiale si consiglia l'uso di acque oligominerali o meglio "minimamente mineralizzate". Come contenuto di sali quindi va bene anche quella che esce dal rubinetto (che per legge è ipominerale): spesso però sgradevoli aspetti organolettici (odore, sapore) fanno preferire acque imbottigliate a basso contenuto di sali (residuo fisso intorno ai 100 mg/litro). E' molto diffuso l'errore di rifuggire dall'acqua che esce dal rubinetto di casa, perché ritenuta "troppo ricca" di sali, facendo per altro poi ricorso ad acque imbottigliate del tipo "duro" (più "pesanti" dell'acqua dell'acquedotto). Un errore indotto anche da improprie campagne pubblicitarie che hanno propagandato alcune acque come "specifiche" per il latte dei bambini piccoli, quando invece appartenevano alla categoria delle acque da tavola di tipo duro: il latte in polvere contiene già nel giusto equilibrio i sali necessari e quindi l'uso di acque dure ne altera la corretta composizione. L'attenzione all'uso di acque a basso contenuto di sali è importante solo per il periodo dell'allattamento: superati i sei mesi perde di significato.
E' importante seguire quei consigli che consentono di evitare la sterilizzazione del biberon: nel clima di inevitabile innaturalità creato dell'allattamento col latte artificiale, è necessario umanizzare e "demedicalizzare" quanto più possibile le procedure.
Le industrie per l'infanzia si preoccupano di "adattare" il latte perché la differenza con quello che esce dal seno materno sia minima con ottimi risultati. Altrettanto importante preoccuparsi di adattare il "modo" di somministrare questo latte ai bisogni relazionali del bambino, in modo che sempre meno nutrirlo al biberon assomigli a una "terapia medica", evitando di trasformare le madri in infermiere, circondate da sterilizzatori, termometri, pinze prenditutto, polveri, misurini, dosi, orari, grammature.
Allora nell'allattamento artificiale, per quanto il latte esca da una tettarella e non dal seno, è necessario e possibile far rivivere al bambino quella intensità di scambi e comunicazione che si ha quando, a ogni poppata, è accolto nella nicchia dell'abbraccio di chi lo nutre (madre, padre o altri che siano), facendogli provare il contatto con la pelle (così importante soprattutto in epoca neonatale), proponendogli calore, intimità, ecc.
Oggi ormai sono risolti i grandi problemi biologici dell'uso dei latti artificiali e il vero rischio non è tanto quello della carenza di alcuni elementi tipici del latte materno, quanto piuttosto quello di non offrire col cibo anche tutto l'indispensabile bagaglio di messaggi e di relazioni che rendono veramente "completo" il nutrimento in queste epoche della vita.
In altri termini: tanto più si cura la ricostruzione di tutti gli aspetti (nutrizionali, ma anche emotivi, relazionali, fisici) dell'allattamento naturale, tanto meno l' artificialità di usare latte di mucca adattato risulta per il bambino uno "svantaggio".
Con l'inserimento del latte artificiale, le feci semiliquide che il bambino emette quando è allattato esclusivamente al seno, divengono più solide, fino a divenire decisamente compatte quando l'alimentazione è esclusivamente artificiale.
Il mutare di aspetto delle feci all'introduzione del latte artificiale è del tutto normale e non va interpretato come stitichezza. La frequenza delle scariche diminuisce: in genere una sola volta al giorno. Il colore diviene ocra-senape.
Con i latti artificiali è però possibile (cosa che non accade mai col latte al seno) che le feci divengano troppo dure e asciutte, fino a raggiungere la situazione di vera stitichezza: in questi casi è necessario rivedere l'alimentazione del bambino.